lunedì 3 agosto 2009

Allenare, come insegnare la coordinazione.


Uno dei principali interrogativi che deve porsi chiunque debba insegnare qualcosa è come insegnarla. Nel campo delle attività sportive il problema è talmente ingigantito che per anni la maggior parte degli operatori ha saltato il problema non considerandolo importante e proponendo metodi di insegnamento discutibili, rivolti per lo più a giustificare le proprie lacune.

I soggetti che hanno subito la cosa non ringraziano di certo, anche se i luoghi comuni fanno sembrare positive le continue aggressioni verbali che certi educatori perpetrano su atleti “dalla cognitività poco reattiva”.

Essere capaci di prendere decisioni metodologicamente corrette è un problema sia didattico che prestativo. Rientra nel campo delle competenze che deve avere sia un istruttore che un atleta.
Esiste una ricetta dell’insegnamento perfetto? No, non credo, esiste però l’applicazione e lo sforzo da parte dell’istruttore nel voler creare una chiave per poter accedere al deposito di informazioni dell’allievo ed arricchirlo il più possibile. Quando un allievo non impara, fallisce non è colpa sua, è colpa nostra, non siamo stati in grado di trovare la chiave.

Da anni, ho un duplice scopo, preparare atleti e formare istruttori, un atleta in genere percorre parecchi anni per raggiungere un livello di maturità accettabile, pensate ad un calciatore (ma vale per qualsiasi sportivo) che comincia ad otto anni e si ritrova a diciotto anni nella categoria primavera alla classica svolta, continuo per raggiungere la serie A o non ho più speranze. Questo giocatore ha attraversato un processo di maturazione che lo ha portato a questo bivio.

L’istruttore invece dopo università e praticantato, sempre meno di moda purtroppo, si ritrova a fare un lavoro per cui forse non è portato. Mentre il primo ha subito una selezione continua nei 10 anni di pratica sportiva, la selezione subita dall’istruttore è stata meno dura e nessuno si è impegnato a colmarne le lacune.

Da questo si evince che non sempre gli interlocutori possano essere di livello. Questo è il primo problema. La selezione deve essere più dura, più è alto l’obiettivo da raggiungere. In ogni caso ci si ritrova a dover insegnare qualcosa sia al primo soggetto che al secondo. Come fare? Bisogna avere nel proprio bagaglio determinate conoscenze:

1) conoscere i due modelli di insegnamento principale: cognitivo ed ecologico;
2) conoscere le basi dei sistemi di comunicazione, la PNL ad esempio, programmazione neuro linguistica, offre grandi opportunità in questo senso.
3) parlare con il soggetto e verificare quale sia il sistema sensoriale principale in uso, visivo, uditivo ecc.
4) analizzare la gestualità del soggetto per cercare movimenti ripetitivi (schemi), ad esempio quando l’istruttore spiega in campo si avvicina, si allontana, fa avanti ed indietro, non guarda, guarda fisso, perde l’attenzione ecc.
5) analizzare l’errore dal punto di vista coordinativo, domanda: quale sistema si è inceppato e non ha permesso l’azione?

C’è già tanta carne al fuoco, iniziamo con i principi di insegnamento il cognitivo o insegnamento prescrittivo e l’ecologico o insegnamento euristico.
Premetto che i due approcci a mio parere debbano essere integrati nella chiave utile ad aprire ed arricchire il database del soggetto.
Utile per spiegare in modo esauriente l’argomento è l’articolo di Caterina Pesce, su SDS n°55, “Insegnamento prescrittivo ed euristico” ve lo consiglio, ho estrapolato da questo alcune parti che trovate virgolettate.

cognitivo, prescrittivo: cito testualmente“prescrivere all’allievo modalità di esercitazioni atte a stabilizzare e perfezionare la programmazione motoria, e ridurre al minimo la variabilità dell’esecuzione” le strategie tecniche per strutturare le esercitazioni sono “esercitazioni parziali, randomizzate, variata, tecniche di somministrazione del feedback, la ripetizione mentale.
Ecologico, euristico, è un approccio che si basa su leggi e principi più che su meccanismi, si indirizza all’autorganizzazione del controllo motorio.

L’approccio cognitivo prevede abilità motorie allenate tramite esercitazioni parziali, semplificazione di esercitazioni complesse, da rendere progressivamente più difficili.

Esecuzioni randomizzate, (casuali) utilizzare “compiti motori diversi senza senza un ordine sequenziale preciso” i diversi compiti pongono l’allievo davanti a problemi sempre diversi con cui deve rapportarsi senza tempi di latenza.

Altro mezzo di questo tipo di insegnamento è l’esercitazione variata, utilizzare lo stesso programma motorio a intensità differenti. (lanciare un oggetto a distanze differenti).

Il feedback offre una ulteriore possibilità, grazie a vista o udito è possibile aumentare le informazioni che stimolano il soggetto che deve compiere il programma motorio.

Ultima possibilità l’allenamento mentale, che consiste nel simulare mentalmente l’azione e tutti le possibili variabili.

L’approccio ecologico, euristico, prevede un approccio differente.
Il concetto di base è l’autorganizzazione, il movimento attraverso fasi casuali, e fasi ordinate raggiunge l’obiettivo motorio.

Il primo approccio è la riduzione dei gradi di libertà del movimento, il secondo è la scoperta di nuovi gradi di libertà, il terzo è il consolidamento dei gradi di libertà raggiunti.

Obiettivo finale, trovare per gradi la soluzione motoria ad un dato problema.
Citando Bernshtein, “ripetizione senza ripetizione” ovvero non compere la stessa azione più volte ma trovare diverse soluzioni allo stesso problema.
Sempre Bernshtein ricordava che il sistema posturale tende a ridurre i gradi di libertà per mera economia energetica.

Interessante? Potete cliccare sulla zona evidenziata per leggere la seconda parte dell'articolo.

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