martedì 27 ottobre 2015

Addominali, istruzioni per l’uso

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Prima parte

 Negli ultimi anni ho letto una quarantina di studi di riferimento sull’allenamento degli addominali. Quello che traspare dai vari studi è un progressivo allontanamento, una forte presa di distanza, da quelli che sono gli addominali classici i sit up o i crunch tanto utilizzati in palestra, indirizzandosi verso esercitazioni di altra natura dotate un più ampio respiro e sicuramente legate alla reale fisiologia dell’individuo. 
Gli addominali classici, comportano un carico eccessivo sui dischi intervertebrali lombari, con un orientamento in posteriorità dell’osso pelvico, “tilt posteriore del bacino”.
Quando dall’ortopedico o dal fisiatra sono prescritti, nei casi di lombalgia, gli esercizi addominali, il rischio, se l’operatore preposto usa esercizi standard, è quello di peggiorare la problematica con la possibilità di danneggiare ulteriormente il disco deteriorando l’anello fibroso per surplus di tensioni. 

In questo il medico non ha colpe, ha prescritto giustamente gli addominali ma il tipo di esercizi somministrati non era  adatto.

Per gli atleti vale la stessa cosa: un atleta, sottoposto a enormi stress biomeccanici, non deve essere sottoposto ad allenamenti per gli addominali che non abbiano criteri di fisiologia articolare e respiratoria ben definiti ed in linea con il modello di prestazione. Pena le lombalgie, le ernie o in alcuni casi le pubalgie. (mie ricerche non pubblicate)

Molte tecniche di allenamento e scuole di pensiero legate al fitness enfatizzano il lavoro addominale dimenticandone la fisiologia.

In un importante studio di riferimento: A modern aproach to abdominal training, di Craig Liebenson, datato 2007. Si fa riferimento al vantaggio di usare la co-contrazione durante il lavoro  addominale, dagli studi di altri autori, in effetti, traspare il bisogno di avere una certa quantità di rigidità adatta a stabilizzare la colonna vertebrale. 

Su questo punto sono d’accordo ma con una breve nota esplicativa.
Negli studi che ho letto non si fa riferimento alla natura intermittente della co-contrazione stabilizzatrice. un accenno a questo aspetto l'ho trovato in questa definizione: “le vertebre si comportano come delle piattaforme di trivellazione off shore. I muscoli si comportano come i motori di queste piattaforme, mentre in mare i motori si accendono e si spengono per contrastare il moto ondoso, i muscoli della colonna si attivano e disattivano per permettere l’equilibrio del rachide. Se un motore rimane acceso per troppo tempo la piattaforma si inclina, se un muscolo viene attivato con continuità, perdendo la natura intermittente, tenderà a fibrotizzare e stresserà a dismisura il disco” cit. Bousquet.

 Specifico che tutti i muscoli posturali e stabilizzatori hanno natura intermittente. Ulteriore esempio, la stazione eretta. La statica nell'essere  umano non esiste, oscilliamo costantemente di 4° in ogni direzione, accendendo e spegnendo i muscoli per rimanere sempre in questo range e non cadere a terra.
Dopo questa nota, riprendo il discorso. Dagli studi si evidenzia notevolmente il valore di un’attività mirata alla stabilizzazione della colonna tramite la muscolatura addominale, sia in fase preventiva che in fase rieducativa, superando nettamente le possibilità delle terapie tradizionali. Ulteriore nota, bisogna recuperare oltre che il tono anche la capacità di controllo, perché è facile stabilizzare la colonna in “vitro”, in palestra, ma l’obiettivo è renderla stabile durante la quotidianità che sia da atleta o non. 
Non ci si blocca facendo crunch, ma il crunch eccessivo ti fa bloccare quando provi a raccogliere una penna appena caduta, o hai un improvviso colpo di tosse.

Altro grave errore, che molti ripetono sempre, è non rispettare la fisiologia della colonna e, appunto, provocare arbitrariamente un tilt posteriore del bacino, la famosa e deleteria delordotizzazione.
Le curve della colonna vanno rispettate in qualsiasi posizione ci si trovi, sono state progettate apposta.

Da studi ( piuttosto datati) risulta che a flessioni del tronco ripetute corrisponda un alto rischio di erniazione del disco, rischio che aumenta in presenza di torsioni.
Basta riguardare un libro di fisiologia articolare per capire la cosa: flessione del tronco in avanti, il disco sotto la pressione delle due vertebre prende una forma a cuneo, il nucleo polposo migra in posteriorità e la pressione sulla porzione postero laterale dell’anello fibroso diventa enorme. 
Se la pressione diventa costante questo si fessura.

Da mie ricerche, le stesse flessioni del tronco sono responsabili, in atleti sovra stimolati delle classiche pubalgie. Ed una delle ragioni per cui la pubalgia non “guarisce” rapidamente è che sono normalmente prescritti gli addominali……

La respirazione durante il lavoro addominale deve essere la stessa di quando si respira normalmente. Esistono diverse respirazioni per obiettivi specifici, ne ho parlato e né riparlerò, ma su un programma di addominali standard la respirazione deve essere regolare e continua. 
L’attenzione dell’operatore deve essere focalizzata sulla dinamica respiratoria e capire se il soggetto riesce a svolgere l’esercizio senza perdere il respiro. Dopo si potranno abbinare, delle tecniche di respirazione profonda adatte a mettere in gioco altri muscoli, diaframma e psoas ad esempio.

Continua…

Gaetano Rosace 
Preparatore Fisico Posturologo Reggio Calabria

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