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Allenare, insegnare, seconda parte.

Come insegnare? Nella prima parte dell’articolo “allenare, come insegnare la coordinazione” Cominciamo a valutare a chi insegniamo. Età, sesso, cultura sono le prime domande da porsi. Poi si fa una ricerca sulle capacità coordinative, sensoriali, condizionali della fascia di pertinenza.
Allenare sistemi propri del periodo di vita del soggetto, ma toccare anche quelli del periodo antecedente e seguente, no tutti maturano allo stesso modo.

Si analizza la dialettica dei soggetti, breve colloquio e piccolo questionario (da fare anche con le fasce dei più piccoli, con dovuti accorgimenti e modalità adeguate) da qui si iniziano ad individuare i sensi maggiormente utilizzati, un bambino che usa spesso la parola vista o il verbo vedere piuttosto che sentire avrà un orientamento in tal senso, cosa da prendere in considerazione quando gli si spiega qualcosa, utilizzare terminologie comuni aiuta nel processo di insegnamento.
Il modo di emettere suoni durante il parlato da ulteriori informazioni sulla postura del soggetto e su come si evolverà, un suono limpido sarà generato da una struttura del palato e del cranio perfettamente bilanciata, una dizione biascicante creerà attenzione e in quanto provocata da un palato che necessita un controllo durante il processo di crescita.

Il primo soggetto sarà con molta probabilità equilibrato e bilanciato (il sistema fasciale di tutto il corpo è organizzato bene) mentre il secondo farà più fatica, perché un palato ogivale o un cross bite occlusale, creerà a livello fasciale maggiori tensioni e di conseguenza maggiore dispendio di energia.

Quando si lavora con i piccoli chiedere informazioni ai genitori sui primi due anni di vita del soggetto è una risorsa da sfruttare, ma anche con i più grandi non è una cattiva idea, il soggetto quando si è alzato i piedi? Ha gattonato, quando ha parlato, d piccolo correva tanto? Ecc. Se ci si alza in piedi troppo presto, non si è ancora strutturalmente pronti quindi si anticipano e saltano passaggi fondamentali. Se non ha gattonato, alcuni schemi motori non si sono fissati e stabilizzati, magari avrà un buon orecchio o prediligerà le lettere, però se vogliamo allenarlo dobbiamo provvedere.
Se correva tanto anziché camminare forse aveva problemi di equilibrio ecc.

Il livello culturale (conoscenza) del soggetto è importante per poter fissare meglio le informazioni che vogliamo dare, ne alta ne bassa ma adeguata deve essere l’informazione, sintonizzarsi come una radio. Per chi lavora con i gruppi è più difficile, all’interno di un gruppo si creano almeno tre fasce diverse di allievi, per capacità e livello di apprendimento, bisogna fare progredire tutti senza rallentare nessuno.

Come si muove il soggetto? Come si allaccia le scarpe, come scrive, ha gesti ripetitivi nel suo bagaglio motorio? Queste sono ulteriori indagini da compiere. Quando spiegate, vi osservano, si spostano, indietreggiano, avanzano, si distraggono, che fanno? Altro elemento di indagine. Se siete lontani perdete la loro attenzione? Se siete vicini cercano il contatto fisico, lo evitano? Ancora un elemento di di indagine.

Mettendo assieme tutte queste informazioni, potete ricominciare a pensare ai metodi di insegnamento e a personalizzare il vostro intervento. Ricordando che se uno non migliora è colpa del’istruttore/allenatore e non del soggetto, tutti hanno una chiave di accesso al miglioramento, bisogna trovarla.

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