Calabria, giovani
sportivi e condizione fisica.
Ovvero, la morte della triade Velocità Tempo e Distanza.
In Calabria, da mie osservazioni, la condizione fisica dei
giovani atleti ha subito una tendenza inquietante verso il segno meno. Valutando
per lavoro molti giovani atleti, provenienti da diversi sport, sia individuali che
di squadra, e pur essendo alcuni di questi, atleti di talento, il gap fisico
con i pari età di altri periodi storici è notevole.
Purtroppo anche il confronto diretto con altre regioni
d’Italia non è confortante e attualmente tende a farci rimanere nelle retrovie.
Prenderò come spunto la pallacanestro, sport, dove avendo
svolto per un paio di anni l’incarico di Preparatore Fisico Territoriale ho
avuto l’opportunità di osservare in azione i migliori prospetti del basket
Calabrese, questo comunque è un esempio sovrapponibile a molti altri sport, e a
molte altre regioni.
Quando parlo di fisico comprendo tutto, struttura, capacità
di movimento, coordinazione e capacità
cognitiva, ecc. quindi l’intero exploit mente/corpo
che costituisce la prestazione. Sulla struttura abbiamo poco da fare, se uno è
alto 185 cm ce lo teniamo così, sul resto invece stiamo assistendo ad un
regresso senza precedenti.
Perché il gap?
La mia idea, intervistando
i ragazzi su come svolgano le loro attività sportive, e su come vivano la loro
vita, è che spesso si lavora poco, e
altrettanto spesso si lavora male, gli istruttori molte volte sono poco
istruiti in materia fisica e mentale, i preparatori sono pochi e anche loro spesso
sono poco istruiti.
Si capisce che nessuno ha ben chiaro in mente cosa fare,
perché nessuno fino ad ora gli ha insegnato un metodo o una strategia e ad
avere una visione globale.
A proposito di visione: spesso, gli allenatori dicono, riferendosi
ai propri giocatori, questo è bravo, sa giocare a basket, fa canestro, e cose
simili. Io, osservo altro, e spesso, vedo atleti che realmente hanno buone
capacità tecniche ma accompagnate da notevoli problemi fisici, problemi che non
permetteranno uno sviluppo di carriera adeguato.
In una situazione come quella dei nostri tempi, se le
capacità fisiche non sorreggono i giovani, difficilmente sarà possibile che diventino
atleti professionisti; giovani calabresi sorretti dal fisico al momento non ne
vedo proprio.
Capisco che sia difficile fare reclutamento come si faceva
una volta, trovare, poi, il classico giocatore già fatto, grazie ai geni di mamma
e papà, è veramente un’impresa, o meglio il classico colpo di fortuna.
Che fare?
Partiamo da quella che per me è la base della preparazione
fisica, l’obiettivo da raggiungere e non la vedo mai allenare veramente.
Ci sono tre grandezze adatte ad identificare esattamente le
qualità essenziali per un atleta:
Velocità - Tempo - Distanza
In qualsiasi disciplina (fisica) hanno un valore immenso, dalle
arti marziali, alla maratona, dall’automobilismo al basket, come in tutti i
giochi di squadra.
La domanda fatidica è: come le sviluppi nel basket?
Mentre rispondo alla domanda, espongo il mio pensiero e indico alcuni degli errori
fatti in questi anni che hanno contribuito a portarci a questo livello così
basso.
Si è pensato e lo si fa ancora di poter migliorare il ragazzo
solo con la tecnica.
Purtroppo no. Non puoi sviluppare queste capacità solo con
la tecnica, non ci riesci minimamente spiegando al ragazzo che il piedino deve
avere un’inclinazione di 21° ad est rispetto alla posizione dell’avversario che
guarda a sud.
Se hai avuto vantaggi con questo metodo, è grazie al DNA dei
giocatori che hai allenato, non grazie a te.
Non ci riesci ad allenarle nemmeno facendo fare sprint o
esercitazioni + o – coreografiche, da preparazione classica.
Per riuscirci devi avere un progetto specifico che coinvolga
la capacità fisiche e i sensi allo stesso tempo. Tatto, vista e udito e poi
fonderli con la tecnica.
L’istruttore/allenatore certamente deve fare il suo, ma non
basta, forse bastava venti anni fa, quando c’erano i giocatori belli ruspanti, che
provenivano da realtà di gioco spontaneo e familiari differenti, ora non basta
più.
Altra soluzione geniale (leggi come errore gravissimo) che
vedo utilizzare spesso, e che mi fa inorridire: “facciamoli diventare più forti
e mandiamoli in palestra a fare pesi”
Certo dico io, con tutti i preparatori qualificati per lavorare
con i giovani che abbiamo…….purtroppo no, magari ne avessimo veramente tanti!
La cosa più semplice, per gli ignoranti in materia, è farli
gonfiare come i culturisti a15 anni, da un “distruttore di palestra”, che
magari ha fatto un corso online di tre ore, e fargli finire la carriera entro i diciotto, però,
con la bella “tartaruga addominale”.
Ricorda: velocità, tempo,
distanza. I “distruttori” di palestra non sanno minimamente cosa siano, i
tuoi giocatori invece si. Specie quando
si accorgono di non averne abbastanza per potere contrastare gli avversari.
La forza serve, è fondamentale, ma non l’unica capacità da
allenare, e si allena programmandola nel tempo, secondo ritmi biologici. Lo
stesso per la resistenza, anche se, nel caso della pallacanestro, è talmente
specifica allo sport, che si può quasi non allenare (ma devi essere bravo,
tanto bravo, a “leggere” l’allenamento, altrimenti fai danni).
Le esercitazioni
specifiche.
Vedo proporre da alcuni colleghi esercitazioni molto belle,
coreografiche, stilisticamente incontestabili, con il solo problema della
scarsa applicabilità, per questioni di tempo.
Sono appunto dimostrazioni da esibizione.
Utilizzabili in una situazione di allenamento ideale, con
tanto tempo a disposizione, fatto di due allenamenti al giorno per 5 giorni la
settimana più partita, ma è folle, solo a pensarci, di applicarle in un settore
giovanile, a meno che tu non le usi solo per trarre spunto, o per qualche
sporadico intervento.
Gli interventi sporadici non producono risultati. Sappilo!
Se non hai altre idee in proposito, provo a dirti cosa serve
per cambiare la tendenza e non ti piacerà.
L’organizzazione:
devi partire dalla triade velocità distanza tempo, e in ogni attività che svolgi fai in modo
che siano allenate assieme, il metodo da applicare deve essere globale e
capillare nello stesso tempo.
Globale perché deve riguardare tutti gli aspetti, e
capillare perché ogni aspetto va trattato in modo minuzioso e progressivo.
Bisogna sviluppare un metodo “biologico” dell’allenamento.
Un metodo che riesca ad allenare tutto, sopperendo alle
difficoltà dei nostri tempi. Pertanto, scordati di poter lasciare 20’ ogni
tanto alla preparazione e poi sperare di ritrovarti dei “marcantoni” che
sappiano usare il tempo, la velocità e la distanza in modo eccelso.
Bisogna avere coraggio e pianificare preventivamente tutta
l’attività da settembre a giugno, anche con i bambini di 8/10 anni, sapere da agosto
cosa fare a febbraio, devi avere un piano che prevede un inizio e una fine del
percorso, e tutte le tappe intermedie e ogni tappa intermedia deve essere
verificata e se è il caso, riaggiornando il programma se sei troppo dietro o
troppo avanti negli obiettivi.
Devi fissare obiettivi e impazzire nel cercare di capire
come raggiungerli, soffermandoti e rivedendo il tutto ogni volta che ti si
presenta un elemento nuovo.
E questo sia che tu abbia 5 ragazzi o ne abbia 100.
Troppa fatica? Certo perché bisogna uscire dalla mentalità
della retta mensile e entrare in quella del risultato.
Se per te, questo lavoro è solo un modo per fare cassa
lascia perdere.
Ti consiglio di andare a fare i commenti del dopopartita al
bar sotto casa e lasciare questo lavoro a chi non ha paura della fatica.
Invece è semplice, se hai voglia di lavorare e se ti attieni
alle tre paroline magiche: velocità,
tempo, distanza. Deve ruotare tutto intorno a queste.
È impossibile, invece, se pensi solo a migliorare questo o quel
gesto tecnico.
O se pensi che quello che fai e dove lo fai sia il mondo
reale.
Il tuo microcosmo non
è il mondo reale, e te ne accorgerai quando con un calcio nel sedere ti ci
butteranno fuori per scarsi risultati.
Un consiglio estemporaneo, ma so già che non mi ascolterai,
se siamo a questo punto è per colpa tua, se sei in difficoltà, devi avere il
coraggio di collaborare con altri sport nei giorni in cui non sei in grado di
allenare i tuoi per mancanza di palestre, forse ne perderai qualcuno, che si
innamora dell’altro sport, ma è più facile che i tuoi migliorino in qualche
caratteristica fisica che tu non puoi o non sai allenare.
Se non hai competenze, o se non hai risorse, così facendo ci
arrivi in modo indiretto.
Torniamo a noi. Devi
avere un piano in mente, che non può essere vincere campionato o vincere più
partite, se lavori bene tutto va da se; il tuo piano deve essere basato su cosa
serve ai tuoi ragazzi per migliorare, e non
mi dire che servono cm di altezza, se vuoi lavorare con quelli alti,
cambia regione, cambia nazione e magari anche continente.
Negli anni in cui lavoravo con il calcio avevo un DS che era
fissato nel volere giocatori enormi, tipo “armadio” si inspirava a quelli
dell’Inter del triplete, diceva lui.
Mi sono sempre chiesto se fosse stato cosciente di dove si
trovava e che materiale umano c’era a nostra disposizione. Tanto che, pur
avendo prodotto moltissimi ottimi giocatori, non ne ricordo nessuno con quelle
caratteristiche fisiche. Però mi ricordo di quelli penalizzati, perché non
avevano cm.
Questo è un altro errore che si fa nel basket nostrano, se
non sono “adeguati fisicamente” li si allena con sufficienza.
Nelle squadre che ho seguito e con cui ho vinto, il successo
non era dovuto al migliore o ai migliori del gruppo, ma a quelli meno “buoni”
che gli hanno permesso di essere di vincere.
Il ruolo tecnico.
“L’istruttore insegna le basi della tecnica, applica la
densità tecnica e poi da allenatore prova ad insegnare anche la tattica.” Mia
convinzione.
Ma se non sviluppi velocità,
tempo e distanza tutti i tuoi artifici tattici vanno a farsi strabenedire. Ci
sarà sempre uno troppo lento, uno che arriva prima o dopo e uno che è troppo
vicino o lontano.
Alcuni anni fa, ad una lezione, ho dato delle indicazioni di
massima sui tempi per insegnare ad atleti evoluti particolari soluzioni
tecniche.
Un giovane allenatore di successo ha esordito dicendo che
lui ci mette di più. Sfido io, se pensi di insegnare una difesa sul pick and
roll solo tecnicamente e con il convincimento, puoi metterci tre mesi o anche
non riuscirci mai.
Per quanto tu sia bravo se non sai allenare quello che
veramente serve hai poche speranze.
Ed ecco che devi uscire dagli schemi, dai manuali e dai
protocolli.
Ed ecco che l’attività di base diventa fondamentale, perché
è li, che metti le basi di velocità,
tempo e distanza.
Se il ragazzo ti arriva senza averli sviluppati che fai?
Ti metti scarpette e calzoncini e vai in campo!
Questi sono i tuoi obiettivi fisici se vuoi invertire la tendenza:
1)
struttura
e funzione, quindi strutturare il fisico e renderlo funzionale, a differenza
di quello che fanno i distruttori in
palestra.
La regola è che: “in un sistema perfetto la funzione dirige
la struttura mentre in un sistema
imperfetto la struttura inibisce la
funzione”
Se la funzione è buona, ne guadagna anche la coordinazione
non più imbrigliata dalla fascia corporea, (insieme di tessuto connettivale che
ricopre, avvolge, rinforza e in alcuni casi trattiene l’azione muscolare) leggiti
questo: https://it.wikipedia.org/wiki/Fascia_(anatomia).
In questa parte rientra anche lo stretching.
Non lo fa più nessuno! No nemmeno tu! Tre minuti non ti
servono a niente. Alcuni anni fa un gruppo di scienziati ha decretato che lo
stretching riduce la velocità e la capacità di salto quindi non andava più
fatto!
Naturalmente tutti i preparatori italiani e soprattutto
molti tecnici calabresi che hanno avuto accesso a quelle informazioni hanno
smesso di praticarlo, guadagnando tempo “prezioso” per la tecnica.
Per inciso, molti di quelli che facevano i
“talebani anti stretch” ora si sono rimangiati tutto.
Le ricerche che ho letto dal 2001 ad ora, parlano di valori
dal 2 al 9% in meno nella forza e nel salto, espressi in condizioni
particolari, alcune, ad esempio, prevedevano un riscaldamento solo con lo
stretching.
Quindi poco realistiche, altre non prevedevano ulteriori attività,
dopo lo stretching. Molto sensazionalismo e poca sostanza pratica.
Senza contare che dopo un’ora, anche in chi dopo lo stretch
non aveva fatto più niente, i valori tornano normali. Da mie prove, se dopo lo stretching riprendi attività con ciclo stiramento/accorciamento adeguati, i valori rientrano subito. E a tutti gli “scienziati”
che hanno bruciato i libri di stretching, raccomando di rileggersi la
fisiologia di base, e di accendere un cero a Sherrington . Non ci vuole una
ricerca per capire cosa accade.
Invece lo stretch ti serve, parlandone in termini pratici, ad
esempio, una buona mobilità del dorso e delle spalle, potrebbe essere più utile
di un paio di cm di altezza nel salto da fermo. Devi usare le cose per quello
che servono. Questo è il metodo.
Però devi studiare, capire come e quando farlo, e farlo fare
sempre su base individuale.
Come?.... troppa fatica? …..Hai ragione, fa male….. meglio
non farlo!
2)
Forza,
sviluppo progressivo e sistematico della forza. Gli obiettivi saranno differenti da quelli
strutturali e orientati allo sport praticato da cui dovrai trarre nello
specifico le tipologie di forza da allenare. Se non alleni le componenti di
forza giuste in base all’età, fai solo stupidaggini.
3)
Velocità,
tempo, distanza le devi allenare sempre, ogni giorno senza tregua, in ogni
cosa che fai, e le devi inculcare a tal punto che i ragazzi devono allenarle
anche in chiesa mentre pregano.
Se le alleni bene, non ci sarà alcuna fatica ad insegnare, se tu non sai come fare, non sarà possibile a sviluppare il programma. Se un giocatore le usa bene, vale 10 cm in
più di altezza.
I giochini su spazio/tempo vanno bene ma non bastano, non
producono effetti importanti. Devi costringere i tuoi giocatori a potenziare
muscoli e cervello assieme. Se li abitui a rgionare sotto stress tutto è più
semplice.
Se c’è bisogno devi dare anche dei compiti a casa che non
riguardano direttamente la pallacanestro ma che possono aprire nuove vie
cognitive, e migliorare di riflesso il basket e anche nello studio, che non fa
male e ti fa fare bella figura con i genitori, che scopriranno di avere figli
più intelligenti. (se usi più aree del cervello per fare gli esercizi queste
aree le userai anche per altro).
Devi rivedere i tuoi concetti di equilibrio e di attenzione
ed allenarli, secondo pattern differenti dagli abituali, mettendoci in mezzo
sempre la velocità esecutiva.
La ripetizione sistematica dell’esercizio va bene, ma deve
essere continuamente messa in difficoltà da elementi nuovi e dall’incremento
della velocità in rapporto al miglioramento tecnico. Questa è una mia vecchia battaglia, ma gli
allenatori hanno difficoltà a comprendere.
Divido il processo in queste quattro fasi fasi: istruzione,
consolidamento, sviluppo e sintesi.
Lo stesso esercizio deve subire nel tempo un’evoluzione tale
che nella fase di sintesi deve essere riprodotto senza errori alla massima
velocità esecutiva.
L’intero sistema sensoriale deve essere messo sempre sotto
stress per costringerlo a creare nuove connessioni ed essere sfruttato appieno.
E’ stato dimostrato
scientificamente che è possibile, quindi fallo.
Esempio: in allenamento si usano gli elastici, stirati vicino
al loro punto di isteresi, (in modo grossolano il punto di passaggio da
comportamento elastico ad anaelastico dell’attrezzo) per destabilizzare l’atleta e costringerlo ad
adattarsi al cambiamento repentino di tensione durante dei movimenti specifici,
questo comporta un aumento della rete di sensori neuro-muscolari e
l’attivazione di vari sistemi riflessi. Il giocatore diventa più stabile e bla,
bla, bla.
Allo stesso modo devi trovare altre forme di allenamento per
aumentare il lavoro cerebrale durante l’attività, in modo da allargare la rete
di neuroni che poi il tuo istruttore userà per insegnare la zona 2-3 o quello
che vorrà lui.
Per essere veloce deve pensare veloce. Lo stesso vale per
tempo e distanza.
Un accesso a tecniche mutuate dalle neuroscienze ti sarebbe
utile, ma a te va di studiare? E capire come ampliare il campo visivo; acuire
la percezione; diminuire i momenti di Blackout cognitivo durante le fasi di
apprendimento e di gioco, migliorare le relazioni tra i due emisferi cerebrali?
Chi pensavi dovesse occuparsi di queste cose? Il medico, lo
psicologo, il cuoco, il giardiniere?
Veramente credevi di svolgere la solita routine giornaliera?
Ogni qual volta sono riuscito a lavorare con metodo, i
giocatori con cui lavoravo avevano velocità e precisione di esecuzione
impensabili.
Non vedo perché non lo possano fare tutti e cambiare questa
indolente tendenza all’oblio.
Forse in Calabria non abbiamo giocatori alti, ma quelli che
abbiamo possono essere allenati meglio e diventare temibili anche in gare con
giocatori più dotati fisicamente e senza andare in depressione per mancanza di
cm.
Nel caso non abbiate intenzione di cambiare, i giocatori comprateveli.
E smettetela di dire che i ragazzi non sono più quelli di una volta.
È vero! Però purtroppo è vero pure che anche voi siete
rimasti quelli di una volta.
Va a lavorare Va!
Nessun commento:
Posta un commento