Gaetano Rosace come no appendere le scarpe al chiodo
Questo di cui scrivo
è l’esempio concreto di come
cambiano le cose se si guardano da punti di vista differenti.
Alcuni mesi fa ( in effetti 5 anni fa, questo post è aggiornato a oggi) mi telefona un mio amico e cliente che vive all’estero
e mi dice pressappoco così: ti chiamerà a breve un mio collega, mi raccomando,
abbi pazienza con lui, sono convinto che tu lo possa aiutare, glielo ripeto da
tre anni e finalmente si è deciso a chiamarti. Io rispondo, va bene, e preciso che sono sempre molto paziente, lui si mette a ridere e ci salutiamo.
Mi telefona il tizio, un arbitro di un’altra regione, ha un
problema alla schiena, dolori e rigidità tali da non permettergli di correre e
arbitrare. L’ultimo medico che lo ha visitato gli ha detto che prima o poi
bisogna accettare la vita e appendere le scarpe al chiodo, un’altro aveva
dichiarato la sua schiena inoperabile, e ora capisco le raccomandazioni del mio
amico sulla pazienza... Intanto penso che se gli inchiodano le scarpe dovrò farlo correre scalzo...
Mi
racconta un poco tutte le vicissitudini, le terapie, gli allenamenti e che
nonostante tutto è riuscito a passare di categoria e non vuole perdere
l’occasione di poter provare a fare carriera.
Al momento non si allena da
qualche mese e deve fare test, verifiche ed iniziare i campionati. Preciso per
telefono, a scanso di equivoci, che non sono ne medico ne fisioterapista e che
mi occupo di performance e allineamento corporeo, e che mi occuperò solo di
questo, mi dice che già sa tutto. Invio l’informativa di rito, dove spiego
nuovamente chi sono, cosa faccio e un preventivo di massima della spesa che
andrà ad affrontare; vista la situazione invio il preventivo light, quello per non atleti. Passa qualche giorno e mi
richiama per fissare l’appuntamento.
Primo incontro.