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Prologo: la relatività dello stare fermo




Prologo

La relatività dello stare fermi



La velocità è un concetto relativo, prima bisogna essere sicuri di potersi muovere. Se si prova ad attraversare il ridente borgo di Chianalea, a Scilla,  con una Ferrari a 250 km/h la velocità reale sarà  uguale a zero. Un’automobile, per quanto veloce possa essere,  se sbatte contro un muro, o si incastra in una stradina di 1,5 metri, non ha nessuna velocità. 




Lo stesso accade per altre cose. Pensiamo al  mito di Icaro, ad esempio: quando Dedalo “inventò” le ali fatte di piume tenute assieme da cera d’api, per sfuggire da Minosse che lo aveva rinchiuso nel labirinto,  disse al figlio di non volare in alto, ma questi non seguì i paterni consiglii...si sa, sono ragazzi... e il calore del sole  sciolse le ali e cadde in mare senza essere più ritrovato, tanto da non poter nemmeno accedere all’Ade, mentre Dedalo giunse fino in Sicilia e si rifece una vita.

L’altezza raggiunta è stata altissima ma, alla fine, il risultato è uguale a zero.


Altro esempio sul risultato, un allenatore, molto bravo a comunicare con stampa e pubblico, era abituato a dire che la sua squadra aveva quasi vinto, alterando la percezione della sconfitta. Anche in questo caso la realtà dei fatti riportava le cose al loro posto, se perdi senza episodi dubbi, non hai alibi,  hai perso e basta.

                                                                    Da Wikipedia 

 Anche la resistenza è un concetto relativo, tornando in Grecia, quella antica, secondo Erodoto, Filippide - anche se aveva fatto prima ben altro -corse per portare la notizia della vittoria sui persiani da Maratona ad Atene,  o come sostiene  qualcun altro, invece fu Tersippo o ancora Eucle; corse addirittura  con armi e corazza indossati.  Però quello che conta della storia è che, pure essendo  entrambi emerodromi* di livello - Filippide ad esempio aveva già corso 200 km in due giorni per chiedere aiuto a Sparta-   appena arrivati si schiantarono  al suolo privi  di vita, e poco conta il messaggio giunto a destinazione. Se ti fermi perché sei scoppiato, se ti fai male o muori per la fatica al termine della gara o prima di finirla, non importa quanti chilometri hai corso,  è come non averla fatta. 

Ancora zero.


Volere di più è nella natura umana, più veloce, più distante, più in alto, più peso, più punti. La  natura  però non è sempre capace di autoregolarsi ed ecco lo schianto, il crollo, il tuffo in mare di Icaro o lo stramazzare al suolo sfinito di Filippide. 


tradotto: devi essere in grado di finire quello che cominci - preparato-. In caso contrario la tua velocità, la tua resistenza, i tuoi punti, la tua classifica equivalgono a zero.



Capirlo è facile, praticarlo molto meno, convincere il cervello a cambiare idea è una grande impresa; il cervello è un organo che non vuole sprecare energia, se si convince che esistono gli asini volanti, li vedrà in ogni dove,  un poco come quando siete innamorati e vedete il vostro lui o la vostra lei in ogni persona somigliante che incontrate.


Proseguendo  incontreremo parecchi personaggi, alcuni reali, altri mitologici che ci aiuteranno a capire come allenarci. E capiremo come condizionare il cervello, oltre che i muscoli e gli organi.



Per ora abbiamo capito che: se vuoi correre veloce o a lungo non basta allenarsi non ci si deve infortunare, altrimenti la velocità, sarà zero. 




* emerodromo: soggetto allenato a correre per un giorno intero e deputato a consegnare messaggi a grande distanza



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