Alcuni giorni fa, si è verificato un evento piacevole che comincia a ripetersi con una discreta periodicità, nella palestra del centro sportivo in cui opero, a fine lavori, con buona pace del custode che brontolava, si è sviluppata una riunione spontanea.
Era la seconda volta che capitava ed è stata già seguita da una terza. é inutile dire che sono contentissimo di questi scambi, è un modo importante per crescere.
Il “capannello” era formato da un allenatore categoria primavera e uno dei giovanissimi, tre preparatori delle categorie primavera, allievi e giovanissimi, due molto attenti, mentre un terzo come al solito in varie cose, buttava ogni tanto un orecchio alla discussione, poi partecipavano pure un preparatore addetto ai recuperi fisici ed io.
Uno degli argomenti affrontati era: allenare per non avere infortuni o allenare per la performance ?
Si lo so sembra un argomento stupido, quasi alla Catalano di Arboriana memoria, ma non vi fermate alle prime impressioni.
L’argomento è serio, molto serio.
Un progetto di allenamento deve avere degli obiettivi ben precisi che rispondono alle necessità della società, se si partecipa ad un campionato non lo si fa per perdere, quindi la performance è prioritaria.
Una delle maggiori paure di molti addetti è avere infortuni che possano pregiudicare il rendimento di atleti importanti. Le polemiche sugli infortuni in alcune squadre che hanno giocato il campionato di serie A dello scorso anno, spaventano molti.
A pelle, mi sembra ci sia attualmente una tendenza a fare meno o almeno a fare diversamente per evitare l’infortunio. E’ tutto un fiorire di lavori propriocettivi psico-cinetica, equilibrio e compagnia bella, che vanno a sostituire i lavori di forza, i lavori di velocità ecc.
Encomiabile, ma la performance?
Se l’obiettivo è la prestazione, questi lavori vanno bene, ma come contorno, il piatto principale non può essere che il lavoro con standard precisi e intensità adeguate. Tranne nei casi di doping, e la cosa non ci riguarda, il miglioramento avviene solo tramite la fatica e il dolore fisico, purtroppo se è facile non allena.
L’allenamento è un processo distruttivo controllato, bisogna saperlo controllare quindi e se non crea il giusto grado di esaurimento delle risorse queste non si sviluppano ulteriormente.
Alcuni grandi teorici della preparazione dicono che per atleti di grande qualificazione non è necessario un allenamento intenso, “sono già fatti” ! Non credo proprio. La mia esperienza è che se si allenano migliorano e sono pure contenti... Tra un borbottio e l’altro, ma contenti.
Tornando al lavoro ed agli infortuni, dividendoli in incidenti e traumi muscolari, credo che questi ultimi si possano in parte evitare lavorando secondo le caratteristiche strutturali e funzionali dell’atleta ed uscendo dagli schemi di lavoro abituali. E questa è la parte più difficile.
In alcuni sport si vive di mode, nel calcio ad esempio ancora molti usano le leg-esension e le leg- curl pure sapendo che non sono il massimo.
In altri sport da qualche tempo vanno di moda le girate e gli slanci con il bilanciere libero, non sapendo che farli con pochi chili non migliora o la massimo migliora poco solo alcune componenti di forza, potrei fare ancora decine di esempi.
Se si riesce a lavorare individualizzando i lavori, forse si riesce a fare meglio e senza traumi.
A che serve far fare leg estension ad uno che ha un quadricipite enorme e ipertonico tanto da portare le ginocchia in recurvato? Serve solo ad indebolire il crociato anteriore e basta. Poi gli si guardano i flessori, tesi come corde di violino e si pensa che si faccia male proprio li perché troppo forti, magari invece sono solo bloccati in allungamento per controbilanciare il lavoro del quadricipite. Il gruppo dei flessori della coscia fa tanti di quei lavori che nemmeno si immaginano, non tirano solo su la gamba.....
Allora, anziché nascondere la testa sotto la sabbia, cerchiamo i lavori di forza adatti al soggetto, evitando di sovraccaricare inutilmente il sistema e lo vedremo migliorare senza farsi male. Magari proponiamo anche lavori di movimento rispondano alle sue corse tipiche e forse renderà di più lavorando più duro.
Un esempio generale sui lavori di corsa. Ho visionato negli ultimi anni molti allenamenti fisici, una costante (prima dell’introduzione nei miei gruppi di lavoro di esercitazioni a carattere intermittente e di fartleck modificati) erano i fastidi agli adduttori con ghiandole inguinali intasate e gonfie. Questi problemi sono scomparsi, dopo l’introduzione di questi lavori al posto delle ripetute.
Ora uno può anche chiedersi perché lavori che prevedono tanti cambi di senso e di direzione (gli adduttori sono molto utilizzati) non creino fastidi mentre la corsa continua si.
La risposta dovreste darvela da soli.
Nei giochi sportivi la corsa lunga e continua non esiste. Quindi perché allenarla?
Chi gioca a calcio o basket ha distanze di percorrenza predefinite, chi gioca a volley no perché non corre! Farà al massimo 7 o 8 metri di fila.
Un calciatore, quando corre tanto, corre in linea ad alta velocità per massimo 60 - 80 metri neanche tante volte, e solo pochi ruoli coprono questa distanza durante la partita. Per dirne una, se deve correre di più quando va in fatica costringe il gruppo degli adduttori a lavorare in sinergia con i flessori, ed essendo meno pronti a questo tipo di fatica cedono, nel caso non cedano saranno i flessori stessi ad affaticarsi.
Un giocatore di basket percorre al massimo 20 metri sui 28 del campo, che gli facciamo fare i 300? Non se ne parla nemmeno.
Organizzare il lavoro secondo le caratteristiche fisiche, funzionali e di ruolo è la chiave per rischiare meno infortuni e lavorare duro, poi se un giocatore cambia ruolo, prepariamolo al nuovo ruolo a scanso di possibili traumi muscolari.
Comunque, dalla riunione è venuto fuori che la maggioranza è fautrice della prestazione e poco convinta dei lavori alternativi.
Per fortuna!
La performance prima di tutto
Era la seconda volta che capitava ed è stata già seguita da una terza. é inutile dire che sono contentissimo di questi scambi, è un modo importante per crescere.
Il “capannello” era formato da un allenatore categoria primavera e uno dei giovanissimi, tre preparatori delle categorie primavera, allievi e giovanissimi, due molto attenti, mentre un terzo come al solito in varie cose, buttava ogni tanto un orecchio alla discussione, poi partecipavano pure un preparatore addetto ai recuperi fisici ed io.
Uno degli argomenti affrontati era: allenare per non avere infortuni o allenare per la performance ?
Si lo so sembra un argomento stupido, quasi alla Catalano di Arboriana memoria, ma non vi fermate alle prime impressioni.
L’argomento è serio, molto serio.
Un progetto di allenamento deve avere degli obiettivi ben precisi che rispondono alle necessità della società, se si partecipa ad un campionato non lo si fa per perdere, quindi la performance è prioritaria.
Una delle maggiori paure di molti addetti è avere infortuni che possano pregiudicare il rendimento di atleti importanti. Le polemiche sugli infortuni in alcune squadre che hanno giocato il campionato di serie A dello scorso anno, spaventano molti.
A pelle, mi sembra ci sia attualmente una tendenza a fare meno o almeno a fare diversamente per evitare l’infortunio. E’ tutto un fiorire di lavori propriocettivi psico-cinetica, equilibrio e compagnia bella, che vanno a sostituire i lavori di forza, i lavori di velocità ecc.
Encomiabile, ma la performance?
Se l’obiettivo è la prestazione, questi lavori vanno bene, ma come contorno, il piatto principale non può essere che il lavoro con standard precisi e intensità adeguate. Tranne nei casi di doping, e la cosa non ci riguarda, il miglioramento avviene solo tramite la fatica e il dolore fisico, purtroppo se è facile non allena.
L’allenamento è un processo distruttivo controllato, bisogna saperlo controllare quindi e se non crea il giusto grado di esaurimento delle risorse queste non si sviluppano ulteriormente.
Alcuni grandi teorici della preparazione dicono che per atleti di grande qualificazione non è necessario un allenamento intenso, “sono già fatti” ! Non credo proprio. La mia esperienza è che se si allenano migliorano e sono pure contenti... Tra un borbottio e l’altro, ma contenti.
Tornando al lavoro ed agli infortuni, dividendoli in incidenti e traumi muscolari, credo che questi ultimi si possano in parte evitare lavorando secondo le caratteristiche strutturali e funzionali dell’atleta ed uscendo dagli schemi di lavoro abituali. E questa è la parte più difficile.
In alcuni sport si vive di mode, nel calcio ad esempio ancora molti usano le leg-esension e le leg- curl pure sapendo che non sono il massimo.
In altri sport da qualche tempo vanno di moda le girate e gli slanci con il bilanciere libero, non sapendo che farli con pochi chili non migliora o la massimo migliora poco solo alcune componenti di forza, potrei fare ancora decine di esempi.
Se si riesce a lavorare individualizzando i lavori, forse si riesce a fare meglio e senza traumi.
A che serve far fare leg estension ad uno che ha un quadricipite enorme e ipertonico tanto da portare le ginocchia in recurvato? Serve solo ad indebolire il crociato anteriore e basta. Poi gli si guardano i flessori, tesi come corde di violino e si pensa che si faccia male proprio li perché troppo forti, magari invece sono solo bloccati in allungamento per controbilanciare il lavoro del quadricipite. Il gruppo dei flessori della coscia fa tanti di quei lavori che nemmeno si immaginano, non tirano solo su la gamba.....
Allora, anziché nascondere la testa sotto la sabbia, cerchiamo i lavori di forza adatti al soggetto, evitando di sovraccaricare inutilmente il sistema e lo vedremo migliorare senza farsi male. Magari proponiamo anche lavori di movimento rispondano alle sue corse tipiche e forse renderà di più lavorando più duro.
Un esempio generale sui lavori di corsa. Ho visionato negli ultimi anni molti allenamenti fisici, una costante (prima dell’introduzione nei miei gruppi di lavoro di esercitazioni a carattere intermittente e di fartleck modificati) erano i fastidi agli adduttori con ghiandole inguinali intasate e gonfie. Questi problemi sono scomparsi, dopo l’introduzione di questi lavori al posto delle ripetute.
Ora uno può anche chiedersi perché lavori che prevedono tanti cambi di senso e di direzione (gli adduttori sono molto utilizzati) non creino fastidi mentre la corsa continua si.
La risposta dovreste darvela da soli.
Nei giochi sportivi la corsa lunga e continua non esiste. Quindi perché allenarla?
Chi gioca a calcio o basket ha distanze di percorrenza predefinite, chi gioca a volley no perché non corre! Farà al massimo 7 o 8 metri di fila.
Un calciatore, quando corre tanto, corre in linea ad alta velocità per massimo 60 - 80 metri neanche tante volte, e solo pochi ruoli coprono questa distanza durante la partita. Per dirne una, se deve correre di più quando va in fatica costringe il gruppo degli adduttori a lavorare in sinergia con i flessori, ed essendo meno pronti a questo tipo di fatica cedono, nel caso non cedano saranno i flessori stessi ad affaticarsi.
Un giocatore di basket percorre al massimo 20 metri sui 28 del campo, che gli facciamo fare i 300? Non se ne parla nemmeno.
Organizzare il lavoro secondo le caratteristiche fisiche, funzionali e di ruolo è la chiave per rischiare meno infortuni e lavorare duro, poi se un giocatore cambia ruolo, prepariamolo al nuovo ruolo a scanso di possibili traumi muscolari.
Comunque, dalla riunione è venuto fuori che la maggioranza è fautrice della prestazione e poco convinta dei lavori alternativi.
Per fortuna!
La performance prima di tutto
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