lunedì 7 settembre 2015

Calabria, giovani sportivi e condizione fisica.

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Calabria, giovani sportivi e condizione fisica.
Ovvero, la morte della triade Velocità Tempo e Distanza.

In Calabria, da mie osservazioni, la condizione fisica dei giovani atleti ha subito una tendenza inquietante verso il segno meno. Valutando per lavoro molti giovani atleti, provenienti da diversi sport, sia individuali che di squadra, e pur essendo alcuni di questi, atleti di talento, il gap fisico con i pari età di altri periodi storici è notevole.
Purtroppo anche il confronto diretto con altre regioni d’Italia non è confortante e attualmente tende a farci rimanere nelle retrovie.

Prenderò come spunto la pallacanestro, sport, dove avendo svolto per un paio di anni l’incarico di Preparatore Fisico Territoriale ho avuto l’opportunità di osservare in azione i migliori prospetti del basket Calabrese, questo comunque è un esempio sovrapponibile a molti altri sport, e a molte altre regioni.


Quando parlo di fisico comprendo tutto, struttura, capacità di movimento, coordinazione  e capacità cognitiva, ecc.  quindi l’intero exploit mente/corpo che costituisce la prestazione. Sulla struttura abbiamo poco da fare, se uno è alto 185 cm ce lo teniamo così, sul resto invece stiamo assistendo ad un regresso senza precedenti.

Perché il gap?
La  mia idea, intervistando i ragazzi su come svolgano le loro attività sportive, e su come vivano la loro vita, è che spesso  si lavora poco, e altrettanto spesso si lavora male, gli istruttori molte volte sono poco istruiti in materia fisica e mentale, i preparatori sono pochi e anche loro spesso sono poco istruiti.
Si capisce che nessuno ha ben chiaro in mente cosa fare, perché nessuno fino ad ora gli ha insegnato un metodo o una strategia e ad avere una visione globale.

A proposito di visione: spesso, gli allenatori dicono, riferendosi ai propri giocatori, questo è bravo, sa giocare a basket, fa canestro, e cose simili. Io, osservo altro, e spesso, vedo atleti che realmente hanno buone capacità tecniche ma accompagnate da notevoli problemi fisici, problemi che non permetteranno uno sviluppo di carriera adeguato.

In una situazione come quella dei nostri tempi, se le capacità fisiche non sorreggono i giovani, difficilmente sarà possibile che diventino atleti professionisti; giovani calabresi sorretti dal fisico al momento non ne vedo proprio.

Capisco che sia difficile fare reclutamento come si faceva una volta, trovare, poi, il classico giocatore già fatto, grazie ai geni di mamma e papà, è veramente un’impresa, o meglio il classico colpo di fortuna.
Che fare?
Partiamo da quella che per me è la base della preparazione fisica, l’obiettivo da raggiungere e non la vedo mai allenare veramente.

Ci sono tre grandezze adatte ad identificare esattamente le qualità essenziali per un atleta:

Velocità - Tempo - Distanza

In qualsiasi disciplina (fisica) hanno un valore immenso, dalle arti marziali, alla maratona, dall’automobilismo al basket, come in tutti i giochi di squadra.

La domanda fatidica è: come le sviluppi nel basket?

Mentre rispondo alla domanda, espongo il  mio pensiero e indico alcuni degli errori fatti in questi anni che hanno contribuito a portarci a questo livello così basso.

Si è pensato e lo si fa ancora di poter migliorare il ragazzo solo con la tecnica.
Purtroppo no. Non puoi sviluppare queste capacità solo con la tecnica, non ci riesci minimamente spiegando al ragazzo che il piedino deve avere un’inclinazione di 21° ad est rispetto alla posizione dell’avversario che guarda a sud.

Se hai avuto vantaggi con questo metodo, è grazie al DNA dei giocatori che hai allenato, non grazie a te.
Non ci riesci ad allenarle nemmeno facendo fare sprint o esercitazioni + o – coreografiche, da preparazione classica.
Per riuscirci devi avere un progetto specifico che coinvolga la capacità fisiche e i sensi allo stesso tempo. Tatto, vista e udito e poi fonderli con la tecnica.

L’istruttore/allenatore certamente deve fare il suo, ma non basta, forse bastava venti anni fa, quando c’erano i giocatori belli ruspanti, che provenivano da realtà di gioco spontaneo e familiari differenti, ora non basta più.

Altra soluzione geniale (leggi come errore gravissimo) che vedo utilizzare spesso, e che mi fa inorridire: “facciamoli diventare più forti e mandiamoli in palestra a fare pesi”

Certo dico io, con tutti i preparatori qualificati per lavorare con i giovani che abbiamo…….purtroppo no, magari ne avessimo veramente tanti!

La cosa più semplice, per gli ignoranti in materia, è farli gonfiare come i culturisti a15 anni, da un “distruttore di palestra”, che magari ha fatto un corso online di tre ore,  e fargli finire la carriera entro i diciotto, però, con la bella “tartaruga addominale”.

Ricorda: velocità, tempo, distanza. I “distruttori” di palestra non sanno minimamente cosa siano, i tuoi giocatori invece si.  Specie quando si accorgono di non averne abbastanza per potere contrastare gli avversari.

La forza serve, è fondamentale, ma non l’unica capacità da allenare, e si allena programmandola nel tempo, secondo ritmi biologici. Lo stesso per la resistenza, anche se, nel caso della pallacanestro, è talmente specifica allo sport, che si può quasi non allenare (ma devi essere bravo, tanto bravo, a “leggere” l’allenamento, altrimenti fai danni).

Le esercitazioni specifiche.
Vedo proporre da alcuni colleghi esercitazioni molto belle, coreografiche, stilisticamente incontestabili, con il solo problema della scarsa applicabilità, per questioni di tempo.
Sono appunto dimostrazioni da esibizione.
Utilizzabili in una situazione di allenamento ideale, con tanto tempo a disposizione, fatto di due allenamenti al giorno per 5 giorni la settimana più partita, ma è folle, solo a pensarci, di applicarle in un settore giovanile, a meno che tu non le usi solo per trarre spunto, o per qualche sporadico intervento.
Gli interventi sporadici non producono risultati. Sappilo!

Se non hai altre idee in proposito, provo a dirti cosa serve per cambiare la tendenza e non ti piacerà.

L’organizzazione:
devi partire dalla triade velocità distanza tempo, e in ogni attività che svolgi fai in modo che siano allenate assieme, il metodo da applicare deve essere globale e capillare nello stesso tempo.
Globale perché deve riguardare tutti gli aspetti, e capillare perché ogni aspetto va trattato in modo minuzioso e progressivo.

Bisogna sviluppare un metodo “biologico” dell’allenamento.

Un metodo che riesca ad allenare tutto, sopperendo alle difficoltà dei nostri tempi. Pertanto, scordati di poter lasciare 20’ ogni tanto alla preparazione e poi sperare di ritrovarti dei “marcantoni” che sappiano usare il tempo, la velocità e la distanza in modo eccelso.

Bisogna avere coraggio e pianificare preventivamente tutta l’attività da settembre a giugno, anche con i bambini di 8/10 anni, sapere da agosto cosa fare a febbraio, devi avere un piano che prevede un inizio e una fine del percorso, e tutte le tappe intermedie e ogni tappa intermedia deve essere verificata e se è il caso, riaggiornando il programma se sei troppo dietro o troppo avanti negli obiettivi.

Devi fissare obiettivi e impazzire nel cercare di capire come raggiungerli, soffermandoti e rivedendo il tutto ogni volta che ti si presenta un elemento nuovo.
E questo sia che tu abbia 5 ragazzi o ne abbia 100.

Troppa fatica? Certo perché bisogna uscire dalla mentalità della retta mensile e entrare in quella del risultato.
Se per te, questo lavoro è solo un modo per fare cassa lascia perdere.
Ti consiglio di andare a fare i commenti del dopopartita al bar sotto casa e lasciare questo lavoro a chi non ha paura della fatica.

Invece è semplice, se hai voglia di lavorare e se ti attieni alle tre paroline magiche: velocità, tempo, distanza. Deve ruotare tutto intorno a queste.

È impossibile, invece, se pensi solo a migliorare questo o quel gesto tecnico.
O se pensi che quello che fai e dove lo fai sia il mondo reale.
 Il tuo microcosmo non è il mondo reale, e te ne accorgerai quando con un calcio nel sedere ti ci butteranno fuori per scarsi risultati.

Un consiglio estemporaneo, ma so già che non mi ascolterai, se siamo a questo punto è per colpa tua, se sei in difficoltà, devi avere il coraggio di collaborare con altri sport nei giorni in cui non sei in grado di allenare i tuoi per mancanza di palestre, forse ne perderai qualcuno, che si innamora dell’altro sport, ma è più facile che i tuoi migliorino in qualche caratteristica fisica che tu non puoi o non sai allenare.

Se non hai competenze, o se non hai risorse, così facendo ci arrivi in modo indiretto.

 Torniamo a noi. Devi avere un piano in mente, che non può essere vincere campionato o vincere più partite, se lavori bene tutto va da se; il tuo piano deve essere basato su cosa serve ai tuoi ragazzi per migliorare, e non  mi dire che servono cm di altezza, se vuoi lavorare con quelli alti, cambia regione, cambia nazione e magari anche continente.

Negli anni in cui lavoravo con il calcio avevo un DS che era fissato nel volere giocatori enormi, tipo “armadio” si inspirava a quelli dell’Inter del triplete, diceva lui.
Mi sono sempre chiesto se fosse stato cosciente di dove si trovava e che materiale umano c’era a nostra disposizione. Tanto che, pur avendo prodotto moltissimi ottimi giocatori, non ne ricordo nessuno con quelle caratteristiche fisiche. Però mi ricordo di quelli penalizzati, perché non avevano cm.
Questo è un altro errore che si fa nel basket nostrano, se non sono “adeguati fisicamente” li si allena con sufficienza.
Nelle squadre che ho seguito e con cui ho vinto, il successo non era dovuto al migliore o ai migliori del gruppo, ma a quelli meno “buoni” che gli hanno permesso di essere di vincere.

Il ruolo tecnico.
“L’istruttore insegna le basi della tecnica, applica la densità tecnica e poi da allenatore prova ad insegnare anche la tattica.” Mia convinzione.

Ma se non sviluppi velocità, tempo e distanza tutti i tuoi artifici tattici vanno a farsi strabenedire. Ci sarà sempre uno troppo lento, uno che arriva prima o dopo e uno che è troppo vicino o lontano.

Alcuni anni fa, ad una lezione, ho dato delle indicazioni di massima sui tempi per insegnare ad atleti evoluti particolari soluzioni tecniche.
Un giovane allenatore di successo ha esordito dicendo che lui ci mette di più. Sfido io, se pensi di insegnare una difesa sul pick and roll solo tecnicamente e con il convincimento, puoi metterci tre mesi o anche non riuscirci mai.
Per quanto tu sia bravo se non sai allenare quello che veramente serve hai poche speranze.
Ed ecco che devi uscire dagli schemi, dai manuali e dai protocolli.

Ed ecco che l’attività di base diventa fondamentale, perché è li, che metti le basi di velocità, tempo e distanza.

Se il ragazzo ti arriva senza averli sviluppati che fai?

Ti metti scarpette e calzoncini e vai in campo! 
Questi sono i tuoi obiettivi fisici se vuoi invertire la tendenza:

1)   struttura e funzione, quindi strutturare il fisico e renderlo funzionale, a differenza di quello che fanno i distruttori in palestra.

La regola è che: “in un sistema perfetto la funzione dirige la struttura mentre  in un sistema imperfetto  la struttura inibisce la funzione”

Se la funzione è buona, ne guadagna anche la coordinazione non più imbrigliata dalla fascia corporea, (insieme di tessuto connettivale che ricopre, avvolge, rinforza e in alcuni casi trattiene l’azione muscolare) leggiti questo: https://it.wikipedia.org/wiki/Fascia_(anatomia). In questa parte rientra anche lo stretching.

Non lo fa più nessuno! No nemmeno tu! Tre minuti non ti servono a niente. Alcuni anni fa un gruppo di scienziati ha decretato che lo stretching riduce la velocità e la capacità di salto quindi non andava più fatto!

Naturalmente tutti i preparatori italiani e soprattutto molti tecnici calabresi che hanno avuto accesso a quelle informazioni hanno smesso di praticarlo, guadagnando tempo “prezioso” per la tecnica.
Per inciso, molti di quelli che facevano i “talebani anti stretch” ora si sono rimangiati tutto.

Le ricerche che ho letto dal 2001 ad ora, parlano di valori dal 2 al 9% in meno nella forza e nel salto, espressi in condizioni particolari, alcune, ad esempio, prevedevano un riscaldamento solo con lo stretching.
Quindi poco realistiche, altre non prevedevano ulteriori attività, dopo lo stretching. Molto sensazionalismo e poca sostanza pratica.

Senza contare che dopo un’ora, anche in chi dopo lo stretch non aveva fatto più niente, i valori tornano normali. Da mie prove, se dopo lo stretching riprendi attività con ciclo stiramento/accorciamento adeguati, i valori rientrano subito. E a tutti gli “scienziati” che hanno bruciato i libri di stretching, raccomando di rileggersi la fisiologia di base, e di accendere un cero a Sherrington . Non ci vuole una ricerca per capire cosa accade.
Invece lo stretch ti serve, parlandone in termini pratici, ad esempio, una buona mobilità del dorso e delle spalle, potrebbe essere più utile di un paio di cm di altezza nel salto da fermo. Devi usare le cose per quello che servono. Questo è il metodo.

Però devi studiare, capire come e quando farlo, e farlo fare sempre su base individuale.
Come?.... troppa fatica? …..Hai ragione, fa male….. meglio non farlo!


2)   Forza, sviluppo progressivo e sistematico della forza. Gli  obiettivi saranno differenti da quelli strutturali e orientati allo sport praticato da cui dovrai trarre nello specifico le tipologie di forza da allenare. Se non alleni le componenti di forza giuste in base all’età, fai solo stupidaggini.

3)   Velocità, tempo, distanza le devi allenare sempre, ogni giorno senza tregua, in ogni cosa che fai, e le devi inculcare a tal punto che i ragazzi devono allenarle anche in chiesa mentre pregano. 
    Se le alleni bene, non ci sarà alcuna fatica ad insegnare, se tu non sai come fare, non sarà possibile a sviluppare il programma. Se un giocatore le usa bene, vale 10 cm in più di altezza.


I giochini su spazio/tempo vanno bene ma non bastano, non producono effetti importanti. Devi costringere i tuoi giocatori a potenziare muscoli e cervello assieme. Se li abitui a rgionare sotto stress tutto è più semplice.

Se c’è bisogno devi dare anche dei compiti a casa che non riguardano direttamente la pallacanestro ma che possono aprire nuove vie cognitive, e migliorare di riflesso il basket e anche nello studio, che non fa male e ti fa fare bella figura con i genitori, che scopriranno di avere figli più intelligenti. (se usi più aree del cervello per fare gli esercizi queste aree le userai anche per altro).

Devi rivedere i tuoi concetti di equilibrio e di attenzione ed allenarli, secondo pattern differenti dagli abituali, mettendoci in mezzo sempre la velocità esecutiva.
La ripetizione sistematica dell’esercizio va bene, ma deve essere continuamente messa in difficoltà da elementi nuovi e dall’incremento della velocità in rapporto al miglioramento tecnico.  Questa è una mia vecchia battaglia, ma gli allenatori hanno difficoltà a comprendere.
Divido il processo in queste quattro fasi fasi: istruzione, consolidamento, sviluppo e sintesi.
Lo stesso esercizio deve subire nel tempo un’evoluzione tale che nella fase di sintesi deve essere riprodotto senza errori alla massima velocità esecutiva.

L’intero sistema sensoriale deve essere messo sempre sotto stress per costringerlo a creare nuove connessioni ed essere sfruttato appieno.
 E’ stato dimostrato scientificamente che è possibile, quindi fallo.

Esempio: in allenamento si usano gli elastici, stirati vicino al loro punto di isteresi, (in modo grossolano il punto di passaggio da comportamento elastico ad anaelastico dell’attrezzo)  per destabilizzare l’atleta e costringerlo ad adattarsi al cambiamento repentino di tensione durante dei movimenti specifici, questo comporta un aumento della rete di sensori neuro-muscolari e l’attivazione di vari sistemi riflessi. Il giocatore diventa più stabile e bla, bla, bla.
Allo stesso modo devi trovare altre forme di allenamento per aumentare il lavoro cerebrale durante l’attività, in modo da allargare la rete di neuroni che poi il tuo istruttore userà per insegnare la zona 2-3 o quello che vorrà lui.

Per essere veloce deve pensare veloce. Lo stesso vale per tempo e distanza.

Un accesso a tecniche mutuate dalle neuroscienze ti sarebbe utile, ma a te va di studiare? E capire come ampliare il campo visivo; acuire la percezione; diminuire i momenti di Blackout cognitivo durante le fasi di apprendimento e di gioco, migliorare le relazioni tra i due emisferi cerebrali?

Chi pensavi dovesse occuparsi di queste cose? Il medico, lo psicologo, il cuoco, il giardiniere?
Veramente credevi di svolgere la solita routine giornaliera?

Ogni qual volta sono riuscito a lavorare con metodo, i giocatori con cui lavoravo avevano velocità e precisione di esecuzione impensabili.
Non vedo perché non lo possano fare tutti e cambiare questa indolente tendenza all’oblio.

Forse in Calabria non abbiamo giocatori alti, ma quelli che abbiamo possono essere allenati meglio e diventare temibili anche in gare con giocatori più dotati fisicamente e senza andare in depressione per mancanza di cm.
Nel caso non abbiate intenzione di cambiare, i giocatori comprateveli. 

E smettetela di dire che i ragazzi non sono più quelli di una volta.
È vero! Però purtroppo è vero pure che anche voi siete rimasti quelli di una volta.

Va a lavorare Va!














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