sabato 24 aprile 2010

[Rilassarsi su un lettino chiodato #2 ] i primi riscontri.

Dopo qualche settimana di utilizzo del cuscino chiodato, sono in grado di fare le prime valutazioni sull’oggetto.

Prima  concedimi alcune note.

Le pubblicità del materassino chiodato e dei suoi cloni, come molte pubblicità, cercano di fare entrare l’utente in una dimensione immaginifica per condizionarlo all’acquisto.

 Bisogna stare attenti alle esagerazioni ed alle inesattezze.
Quello che si legge, tra le altre cose, e che i tappetini chiodati sono usati in India da 4000 anni!!

É inesatto, perché se è vero che i fachiri o altri soggetti “mistici” usavano, e usano, i letti di chiodi, non era per migliorare la propria salute ma per dimostrare la loro fede e i loro poteri in alcuni casi, o per imbonire il pubblico in altri.

In India, è  sorto  un comitato che cerca di smascherare i molti soggetti che vivono alle spalle dalla povera gente dichiarando poteri mistici, i fachiri sono tra questi, si chiama "Indian Skeptics"

Noi, poveri europei con un bisogno atavico di trascendenza siamo molto sensibili a simili fantasie.

Ulteriore nota.
La medicina tradizionale Indiana o meglio  Ayurveda,   sviluppata soprattutto  nella regione del Kerala,  è molto probabilmente la più antica forma di medicina del mondo, tanto da essere preda di brevetti in campo farmaceutico da molte società del Nord America.

 Quindi è una medicina efficace con fondamenti ben precisi. Tutte le medicine orientali discendono dalla medicina Ayurveda, l’agopuntura stessa, è presente in una forma primitiva nella medicina Ayurveda.

É una medicina, non una fede.

Veniamo al tappetino chiodato.

Come già esposto nel primo post sull’argomento quello che si ottiene è un’immediata vascolarizzazione cutanea delle aree esposte ai chiodi di plastica.

Nelle medicine orientali, esistono tecniche specifiche per provocare questo fenomeno.
 Le rotelle iperemizzanti, ad esempio,  sono degli strumenti a forma di rullo con chiodini, che fatti rotolare sulla pelle ottengono una vascolarizzazione cutanea.
La tecnica del Gua Sha ha scopi simili.

L’azione iperemizzante del tappetino effettivamente ha effetti positivi sulla cute, favorendo un veloce ricambio dei liquidi sottocutanei, alcuni dei soggetti utilizzatori hanno avuto un aumento della diuresi durante l’uso.

Sembra che anche l’elasticità della pelle ne guadagni, ma questa è solo una prima impressione.

 Nella lotta alla cellulite, potrebbe essere ipotizzabile un uso del tappetino sul lungo periodo, proprio perché l’iperemia provocata costringe il sistema a “forzare” la circolazione superficiale.

Abbinato ad un altro metodo su cui sto lavorando sembra dare grossi risultati.

Una volta assuefatti alle punture, che sono inizialmente fastidiose, si può raggiungere uno stato estremamente rilassato, probabile il rilascio di endorfine, (non ho dati certi in questo caso) però se questa fase è sfruttata a dovere  con una respirazione adeguata è possibile raggiungere uno stato di rilassamento profondo, per alcuni da “trance”.

Il tappetino svolge il suo ruolo lavorando direttamente sull’organo più grande e pesante di cui siamo dotati, la pelle.

Noi consideriamo la pelle in modo “superficiale” ma dobbiamo tenere presente che non è solo un contenitore o una protezione, si tratta di una struttura complessa con una rete di recettori sensibilissimi che attivano risposte immediate anche da organi posti molto all’interno del corpo.

Quindi la pelle va trattata bene ma va anche conosciuta, a volte basta applicare alla cute pressioni solo di 10 o 20 grammi su aree ristrette per ottenere aumenti di tono e forza di determinati muscoli, se invece distribuiamo l’azione su una superficie più vasta, si ottiene al contrario un abbattimento del tono, una sorta di effetto decontratturante.

La mia ricerca continua in questa direzione, ti terrò aggiornato.

Intanto se vuoi leggere il primo post clicca su rilassarsi su un lettino chiodato #1
se invece vuoi leggere il seguito di questo post clicca su rilassarsi su un lettino chiodato #3


foto di dagfinnh

Enjoy

domenica 18 aprile 2010

[ Addominali, fai la cosa giusta #1 ] - perché non fare solo crunch.


Questo post fa parte della serie, addominali, se intendi interagire puoi formulare delle domande che saranno inserite nei post seguenti sull'argomento.

Addominali fi la cosa giusta! Gli addominali sono i muscoli più osservati (quando ci sono) spesso più desiderati, ma sicuramente sono i meno conosciuti.

L’enorme successo delle tele-vendite di attrezzi per lo sviluppo degli addominali, rende palese l’interesse per un addome piatto e tonico, tanto da provarci e spendere i 99,99 € per la nuova trovata, che promette ventre piatto, centimetri in meno e chissà quali altri miracoli.

Tornando nel mondo reale, quello del sudore e dell’anatomia, per quasi tutti, gli addominali sono solo il retto dell’addome, the six pack per gli americani, la tartaruga per noi italiani.

Spesso, leggo nelle indicazioni mediche, in clienti con colonne lombari poco efficienti , la prescrizione di rafforzare il retto dell’addome.

 Ancora più spesso, vedo atleti “uccidersi” a forza di cunch e crunch inversi, che sono considrati a torto i due esercizi base per ogni tartaruga che si rispetti.....

Per quanto riguarda i primi, con i loro problemi di colonna lombare a scarsa performance,
lavorare per il retto dell’addome non è proprio il massimo. Se il movimento non è perfetto le ripercussioni sulla schiena possono essere pesanti.

Se si riesce a fare un buon lavoro, la tensione aumentata porterà un “avvicinamento” posturale tra pube e coste, cosa poco utile, specie in chi già tende a stare con le spalle curve in avanti.

Per le donne è ancora peggio, fare addominali e produrre elevate pressioni itra-addominali può provocare fastidi agli organi pelvici ed in alcuni casi  il rischio di prolassi, specie dopo la maternità.

Se questa routine sul retto del'addome, è eseguita dopo un dimagrimento, può diventare addirittura devastante il danno che si provoca alla colonna vertebrale.


Per chi fa addominali “alla morte”, e ne conosco tanti, se si tratta di atleti, prima o poi si procureranno un danno ai lombi, agli adduttori o ai flessori, proprio per le variazioni posturali indotte dall’accorciamento del muscolo retto dell’addome e dal coinvolgimento di muscoli che non dovrebbero mai lavorare. .

Un po’ di anatomia? Si ma non troppa, intanto, prima di pensare di conoscere l’addome, devi meditare  sul fatto che sul  II° volume del Testut,il trattato di anatomia, la descrizione dei muscoli dell’addome, con annessi e connessi, va da pagina 190 a pagina 235.

Mi sembra riduttivo dedicargli solo dei crunch, non credi.

La muscolatura addominale la si divide in muscoli lunghi e muscoli larghi, dato che la funzione modella la struttura, immagina come debba lavorare un muscolo definito nastriforme e anche nemmeno tanto esteso in larghezza. Sulla sua faccia anteriore, quella esterna, contrae rapporti solo con la pelle.

Da un rapido ragionamento, se tra il muscolo e lo specchio c’è solo un poco di pelle, per farlo risaltare che devi fare?

 Dimagrire!

Puoi fare tutti i crunch che vuoi, ma se non togli il grasso tra muscolo e pelle non si vedrà mai la tartaruga.

 E tanto per chiarire, se vuoi dimagrire a furia di crunch, preparati a doverne fare diecimila al giorno, meglio fare altro, non credi?

questo è un link dove trovi una raccolta di post sugli addominali

foto di Calibe  Thompson 




foto di -°so°-

martedì 13 aprile 2010

Quindi lo stretching non si fa?

Lo stretching si fa o non si fa?

Quando iniziai  a fare stretching nei primi anni ottanta, era ancora una pratica sconosciuta; allora, ricordo,  imparai i rudimenti dello stretching ad un raduno giovanile della nazionale di atletica leggera. era il 1981!

Fino a quel momento si era molleggiato e basta, cosa che se fatta con giudizio può essere utile, leggi stretching dinamico.

Affascinato da quello stretching statico lo approfondì moltissimo fino ad essere considerato, un paio di anni dopo, un “esperto” tanto da essere chiamato da un mio professore all’ISEF a tenere delle lezioni ai miei colleghi studenti.

Sullo stretching di Andersoniana memoria, (quello di Bob Anderson fu il primo vero libro sullo stretching giunto da noi e considerato una bibbia per almeno 20 anni)  si è detto tanto: previene i traumi, non si può concludere un riscaldamento senza, fa andare più forte perché rende più elastici, bisogna usarlo al termine della seduta, ecc. Tutto basato sulle sensazioni e non sui fatti!

Va sottolineato che lo stretching è sempre esistito, pensate a quante posizioni Yoga,  vecchie di alcune migliaia di anni, siano simili o in alcuni casi identiche allo stretching che pratichiamo oggi.

Al momento lo stretching è "tirato" da una parte e dall'altra da quelli che lo amano e dachi lo rinnega, forse basta avere un poco di giudizio

  1. Prevenzione, dalle ricerche eseguite sembra che lo stretching non aiuti a prevenire gli infortuni, quindi è inutile utilizzarlo in questo senso. 
  2.  riscaldamento, alcune ricerche mettono in luce una perdita di performance nella forza esplosiva dopo avere fatto stretching. Effettivamente se torniamo un attimo alla fine del 1800 Charles Scott Sherrington. parlava di riflesso da stiramento o miotatico. Oltre a questo, la direzione delle fibre viene modificata durante lo stretching e quindi il muscolo ha più difficoltà a rendere sulla forza esplosiva.
  3.  Nel post allenamento, specie in sport come il calcio, è da evitare; i microtraumi  da lavoro eccentrico sono frequenti, quindi allungare un muscolo che a caldo non manifesta fastidi ma che potenzialmente  è danneggiato può essere pericoloso.

Potrei continuare per molto ma mi fermo qui. Bisogna considerare lo stretching un sistema di allenamento e non utilizzarlo per presunte proprietà taumaturgiche. Bisogna conoscerlo e praticarlo con coscienza e metodo.


Ora alcune considerazioni, quando chiedo ai miei atleti (di diversi sport, di diversa estrazione, di diversa qualificazione) cosa allunghi? E, perché? la risposta più frequente è: non so, lo faccio sempre. Questo indica una pratica inconsapevole dello strumento stretching.

Alla domanda, quanto dura la tensione? E, come respiri durante? Ho solo risposte evasive.  Altro indice di inconsapevolezza tecnica.

Per rispondere al punto n° 1, la prevenzione, lo stretching non può funzionare in questo senso, perché non siamo tutti uguali e quindi i muscoli da allungare perché in ritrazione non sono uguali per tutti, quindi senza personalizzazione nessuna prevenzione.

Lo stretching deve essere personalizzato secondo le linee di tensione muscolare

Considerando che per ogni muscolo ritratto bloccato c’è un muscolo antagonista collassato, forse basterebbe lavorare sul bilanciamento, ma non è facile, non per tutti almeno.

Bisogna distinguere da muscoli accorciati e muscoli bloccati in allungamento.

Il punto n° 2 è realmente un problema, però tornando  a Sherrington, ci ricordiamo che esiste un riflesso miotatico ed un riflesso miotatico inverso, quindi la “profondità” della tensione fa tutto.

L’orientamento delle fibre  è essenziale, viene spesso citato il fenomeno del “creeping” ma di quali muscoli? Stiamo parlando dell’angolo di pennazione? E, provocando, se provassimo ad allungare i muscoli antagonisti di quello che ci serve per saltare, che accadrebbe?

l'allungamento dei muscoli antagonisti può aumentare il tono degli antagonisti.

Il punto 3, relativo all’attività post allenamento è imprescindibile, se la pratica sportiva è intensa con cicli accorciamento stiramento intensi assolutamente niente stretching nell'immediato della prestazione o dell'allenamento.

Lo stretching deve essere fatto, ma con metodo e insegnando tecniche differenti ,con allungamenti del muscolo ragionati, utilizzando la minima tensione e tempi di durata oggettivati dall’obiettivo. Una tecnica avanzata la trovi in questo articolo stretching differenziato

Con respirazioni adeguate e finalizzate. Con posture di tensione progettate sulle reali esigenze del soggetto. Organizzandone i tempi di utilizzo in relazione all’attività fisica praticata. Ecco come impostare il tuo stretching: stretching facile in 10 mosse

Tornando al creeping, si definisce così il fenomeno per cui su un allungamento intenso le fibre di collagene si allineano, il tendine si allunga però perde capacità di immagazzinare energia. Essendo proprio il connettivo a fare da “molla” nelle esercitazioni esplosive non è una pratica da svolgere a meno che non si voglia modificare la struttura del muscolo, come si fa nelle ginnastiche correttive o posturali, ma questa è un’altra storia, ne parleremo in seguito.

Buon lavoro.

se vuoi approfondire l'argomento:






lunedì 5 aprile 2010

Esercitazioni per la forza esplosiva

      percorso-forza- esplosiva





All'interno del programma PAO, riunioni di aggiornamento regionale, per tecnici e preparatori fisici appartenenti alla federazione di pallacanestro, ho tenuto un intervento sulla costruzione di esercitazioni per la forza esplosiva.

L'obiettivo dell'intervento è stato  di dare ai tecnici ed ai preparatori delle indicazioni su come costruire delle esercitazioni specifiche ai regimi di forza esplosiva e di resistenza alla forza esplosiva, che a fronte di una sicura efficacia fossero  facilmente fruibili anche per i tecnici meno esperti nella preparazione e allo stesso tempo rispondessero ai requisiti di semplicità nel controllo del carico fisico. l'argomento mi sta molto a cuore, tanto da avere scritto diversi post sull'argomento, ecco gli appunti relativi all'intervento.

Lavorare sulla forza esplosiva è facile?

Si, effettivamente lavorare sulla forza esplosiva è facile!
Si va in palestra, si fanno dei test per capire quale sia il massimale della forza per i vari esercizi che hai i mente e poi si eseguono gli stessi con un carico del 20/30% del massimale.

Giusto?

No. Purtroppo non è così facile.

Intanto non basta andare in palestra solo per poi avere la coscienza a posto, e riempire lo spazio nel foglio dell'allenamento, dicendo “ho lavorato sulla forza esplosiva”.

Bisogna conoscere bene i mezzi ed i metodi. Ancora prima devi avere bene in testa cosa possono realmente fare i nostri atleti, senza incorrere in infortuni.

In un secondo tempo, avendo ben chiaro chi sono i nostri atleti, età, qualificazione, morfologia e postura dovremmo essere in grado di trovare gli esercizi giusti, la quantità di lavoro giusto e la qualità esecutiva.

 Se si ha a che fare con atleti di elevata qualificazione è una cosa, se invece lavoriamo con atleti giovani ed inesperti le cose cambiano.
Ti ricordo che non è solo l'esercizio ad essere pericoloso, ma lo sono ancora di più  le fasi di presa, messa in postura e di rilascio dell'attrezzo.

E chi non ha la palestra? 

E chi non ha un preparatore fisico che conosca bene i mezzi e i metodi di allenamento?

Si può lavorare in campo, cercando di sfruttare al meglio quello che ha, tenendo presente la fisica elementare, quella che abbiamo studiato alle medie e al primo superiore. Il primo alleato ........ la forza di gravità.

Ecco quindi alcune informazioni da tenere in conto:

Per accelerare al massimo, come si fa in uno sprint bisogna sviluppare una certa quantità di forza; frenare da uno sprint richiede forza; accelerare dopo una frenata richiede nuovamente forza.

Con questi tre elementi accelerazione, frenata e ripartenza abbiamo già creato le basi per eseguire un lavoro di forza, in campo. Basta modularli.

Se poi a queste tre opzioni aggiungiamo i cambi di senso ed i cambi di direzione eseguiti ad altissima velocità, in spazi estremamente ristretti abbiamo completato lo scheletro della nostra esercitazione votata alla forza esplosiva.

Aggiungiamo altri elementi.

Saltare in verticale richiede una certa quantità di forza, posizionando una panca o un cubo dei cambi all’interno dello scheletro della nostra esercitazione si può aggiungere questa opzione. Ricadendo sul cubo diminuisce lo stress per le articolazioni.

Ricadere da un salto e frenare rapidamente la ricaduta con un piegamento delle gambe dai 100 ai 90° richiede ancora una notevole quantità di forza, anche tre volte in più della precedente.
A questo proposito riguardatevi il libro di fisica del primo superiore (argomento caduta di un greve).  Se faccio lavorare i miei atleti in monopodalica, ed uso altezze limitate, tra i 28 ed i 30 cm  raggiungo ugualmente buoni gradienti di forza. il tipo di forza usato in questo caso è l'eccentrico.

Ora nel nostro pacchetto di possibilità abbiamo accelerazione, decelerazione, ripartenza, salto verticale, e salto in basso.Sequenze di lavoro in concentrico, in eccentrico e miste.

Ulteriori opzioni la corsa attorno ad un cerchio di diametro ridotto, ottimo un bidone dei rifiuti, così da sfruttare la naturale tendenza ad uscire per la tangente, o dei balzi tra ostacoli.

A questo punto che hai tutti gli elementi base, puoi costruire un percorso che deve essere breve, per cominciare intorno ai 20 metri, magari sfruttando le linee del campo.

Il sistema del controllo del carico è semplice.
Distanza percorsa diviso il tempo ti da la velocità di percorrenza in m/s. Il numero di ripetizioni per la distanza ti da il chilometraggio.
Se associ al chilometraggio il numero di balzi totale o di altri esercizi che introduci, hai alla fine un pannello su cui lavorare ed incrementare o ridurre al bisogno.

Se vuoi spostare il carico verso la forza, aumenta le frenate, i salti in basso ecc. (ricordati la fisica elementare di cui ti parlavo prima) se vuoi andare verso la F.E. aumenta gli ostacoli e le accelerazioni, se vuoi andare verso la velocità, diminuisci salti e frenate ma punta invece selle corse e sui cambi di direzione.
Se preferisci lavorare maggiormente sulla resistenza alla forza esplosiva, addensa gli elementi, allunga il percorso, aumenta il numero di ripetizioni.

Come vedi puoi costruire una periodizzazione basandoti su uno schema base, utilizzando di volta in volta  un programma orientato alla forza, per poi passare ad uno orientato alla velocità, continuando con uno orientato alla forza esplosiva e chiudendo con uno orientato alla resistenza alla forza esplosiva. O organizzando i quattro periodi come meglio credi.

Alcune note. 
Se lavori su superfici molto dure, diminuisci radicalmente i balzi, non devono mai essere molti per chi gioca a basket. Chi gioca a pallacanestro già salta abbastanza di per se, non ha senso sovraccaricare inutilmente le articolazioni.

Con i giovani lavora soprattutto sulle corse e sui cambi di senso e direzione.

Inserisci ( come dicevo prima) con i più grandi salti e frenate da caduta su una gamba da pochi centimetri (da 20 a 30 cm bastano)

Controlla la posizione della ginocchia  quando i tuoi atleti saltano, specie nei salti in basso, non devono ne convergere ne divergere.

Ora hai una esercitazione che puoi utilizzare come meglio credi, arricchire o alleggerire che potrà diventare parte integrante del tuo lavoro in campo e facilitarti per molto tempo.

Buon lavoro.

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