lunedì 9 novembre 2009

Calcio, lavoro intermittente, funziona!

Parlare di lavoro intermittente nel calcio, è a volte come parlare dentro un’anfora, non ti sente nessuno! Per fortuna però inizia a fare parte dello “strumentario” di alcuni preparatori, anche se spesso è utilizzato in modo approssimativo, pure essendo il mezzo ideale per lavorare con la “potenza aerobica”.

In genere per comodità di utilizzo si dice “facciamo un 20/20 o un 30/30 per dire che lavoriamo per 20 secondi e recuperiamo sempre per 20 secondi, ma è solo questo un lavoro intermittente?

Si può fare meglio, molto meglio.

Intanto cominciamo a dare il giusto merito ai lavori intermittenti. Se calibrati a dovere, e quindi con le giuste velocità di esecuzione e le distanze adeguate riescono in pochi minuti a creare i presupposti per finire una partita in condizioni eccellenti, lavorando sui meccanismi energetici propri della gara e preservando una qualità di azione motoria di livello adeguato.

Perché fare il lavoro intermittente nel calcio?

Perché il calcio è una prestazione intermittente. Se osserviamo l’andamento medio del carico esterno di una partita, senza fare una grande distinzione dei ruoli, escludendo il portiere potremo dividere il lavoro svolto in 6 settori di intensità differenti, ricordando che in una partita da 90 minuti si coprono secondo ruoli e caratteristiche dei giocatori 9/13 km.

Andamento medio delle distanze corse in una partita

mediamente in una partita questi sono le intensità di lavoro:
  1. 20% circa del tempo totale del game, passato da fermi o la massimo con spostamenti a velocità vicino allo 0.
  2. 40% Spostamenti di passo a bassa velocità, tra i 4 ed i 6 km/h
  3. 20 % spostamenti tramite corsa a velocità bassa, tra i 7 ed i 12 km/h
  4. 15% spostamenti tramite corsa a velocità media,tra gli 12 e i 15 km/h
  5. 5% attività a velocità sostenuta da 16 km/h a 30 km/h, di cui le azioni alla massima velocità corrispondono a circa l’1% del tempo di gioco.
Le distanze corse sono in media di 12/15 metri, lo so, pensavate di più. Basta guardare una partita e non guardare il gioco, osservali come corrono e dove corrono. Può essere che in un minuto ad alta intensità si percorrano 120-200 metri molto frazionati, e 200 metri al minuto corrisponde a 12 km/h anche se l'intensità reale è mlto più alta per le continue variazioni di stato.

Che tipo di corse?

Come già scritto nel post: Andare forte in curva e nel post "migliorare la velocità" se
osservando un tracciato gps si notano curve, sinusoidi e continui cambi di fronte. E noi che facciamo i 1000 sulla pista d’atletica, forse è meglio rivedere alcuni parametri!

Le distanze da usare nei lavori intermittenti ed i tempi di lavoro


Le distanze usate sono relative ai tempi di percorrenza media delle fasi intense della gara. Avremo fasi attive di 10 - 20 - 30- 40 secondi con recuperi rispettivamente di 10, 20, 15, 20 secondi, con 3 - 5 - 7 cambi di senso che possono essere realmente molto intensi. Due blocchi da 8 minuti con 5 di recupero attivo possono dare la paga a tutte le ripetute di questo mondo, mille compresi.

Rifacendoci alle corse eseguite ad alta intensità per un minuto, e sapendo che non è possibile ripetere immediatamente gli sprint massimali quelli eseguiti per intenderci a 8 - 8,5 m/s (in media il calciatore recupera tra 45 e 90 secondi prima di riprovarci), quelli eseguiti a velocità alta tra i 5,8 e 6,6 m/s sono la costante e quindi per coprire in allenamento distanze paragonabili a quelle dei momenti intensi di gara basta un lavoro “20/20” eseguito però non in linea ma con 3 cambi di senso.

Un esempio di lavoro intermittente:

Atleta con una velocità finale nel test di Leger di 16 km/h, lo possiamo allenare con il sistema intermittente facendogli correre 4 volte una distanza di 22,5 metri, per totali 90 metri e ripetere questo esercizio per 12 volte. Il lavoro corrisponde all’incirca al suo VO2max, 53 ml/min/kg.
In questo modo ogni due fasi attive ( un minuto di lavoro) si avranno 180 metri di percorrenza ed ogni fase attiva avrà una partenza e 3 cambi di direzione. Al termine di una serie da 8 minuti il soggetto avrà percorso, ad una velocità prossima al suo vo2 max, utilizzando sempre le fibre muscolari giuste 1080 metri. Con 240 secondi di fase attiva.

Se dopo una pausa attiva, di 5 minuti, ad esempio lavoro di controllo dell’attrezzo, propriocettiva, o equilibrio, si ripete il lavoro, abbassando la distanza e aumentando il numero di cambi di senso, si incrementa ulteriormente il carico.

Esempio sempre sullo stesso soggetto basandosi sulla velocità finale del leger e sul vo2 max, sempre per 8 minuti un lavoro 40/2o con 19,5 metri di fase attiva e 7 cambi di direzione, si andranno a percorrere 156 metri al minuto, con un carico finale di 1248 metri in 320 secondi di fase attiva.
Osservazione:
In 16 minuti abbiamo prodotto un lavoro che corrisponde al vo2 max dell’atleta. Le velocità di lavoro sono tra i 4 ed i 4,5 metri secondo, ovvero 15,5-16,2 km/h, mantenute in regime di corsa non lineare ma con cambi di senso e continue ripartenze, quindi con un costo energetico molto più alto rispetto alla corsa in linea.

L’azione intermittente permette il lavoro vicino a velocità di gara senza sensibili accumuli di acido lattico. Il lavoro sui cambi di senso, ha una ulteriore azione allenante in quanto agisce, sul core balance e sulla muscolatura degli adduttori.

Tenendo conto che il lavoro ricopre una frazione minima della settimana di lavoro, possiamo esserne soddisfatti.

Come calibrare il lavoro?

Come proposto da Colli nel suo lavoro “lavoro intermittente tra scienza e prassi” possibile lavorare tramite test target, e volendo, saltare il test di Leger.

Io procedo così: identificazione del vo2 max utile al gruppo, esempio la squadra milita in un campionato dove la media dei giocatori di elevata qualificazione ha un vo2 max di 55/60 ml/min/kg.
Preparo delle distanze corrispondenti al valore massimo ed eseguo il test target, che è identico all’allenamento riportato precedentemente tranne che per le distanze. Alla fine avrò degli atleti in linea con l’obiettivo, degli atleti sopra il valore e alcuni sotto.

Differenzierò il lavoro facendo meno (più tecnica o curando altri aspetti) con chi è sopra o sta dentro i valori target, e calibrerò il lavoro a seconda del ritardo che ho osservato con gli atleti che stanno sotto il valore di riferimento. In questo modo personalizzo il lavoro al massimo, non sovraccarico e ottimizzo i tempi. Il lavoro intermittente quando riproposto mi darà sempre una precisa indicazione sullo stato dell'atleta, e mi permetterà le correzioni adeguate.

Come inserire il lavoro intermittente nella seduta di allenamento.

Il lavoro ideale sarebbe un intermittente tecnico, ovvero una situazione di gioco riprodotta per N volte che rispecchi le caratteristiche organiche e muscolari del lavoro intermittente, magari una esercitazione costruita per ruolo. Questo è un argomento ancora difficile da recepire da parte degli allenatori, per quanto di una semplicità estrema. Magari in un prossimo post ne riparlerò.

Intanto il lavoro intermittente deve essere inserito come integrazione al lavoro tecnico, la quantità descritta precedentemente può essere adeguata, se il livello di intensità del lavoro tecnico è discreto, in caso contrario andrebbe integrato ulteriormente. Collocazione giusta può essere la fine della seduta, ma ogni tanto far precedere una eventuale sequenza di possesso palla o una partita a tema dal lavoro intermittente può dare delle indicazioni utili sia al preparatore che all’allenatore.

Prova.

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